DIZIONARIO di ITALIANO
cerca:  
   
Creative Commons License
Questo/a opera è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.

lunedì 29 ottobre 2007

Diritto Ecclesiastico - sintesi manualistica

Capitolo 1
DEI: ramo delle scienze giuridiche costituito dalle norme che nel nostro ordinamento danno rilevanza al fattore religioso ed ai profili istituzionali delle formazioni sociali collegate a quel fattore.
Connotazioni: 1) carattere laico della repubblica mirato alla tutela delle libertà di religione e convinzione individuali e collettive sia dei credenti che dei non credenti. L’esercizio di queste libertà consente al cittadino di concorrere al progresso spirituale della società (art. 4 Cost.).
2) Chiese, culti e comunità operano necessariamente su un territorio non proprio, che è elemento costitutivo della sovranità degli stati, e possono dare luogo alla formazione di veri e propri ordinamenti giuridici. Esse, chiedendo il rispetto di proprie norme possono generare conflitti di lealtà nel cittadino.

Modelli :
1) Stato confessionista: presceglie una religione quale propria, informa il suo ordinamento ai principi etici e talvolta alle norme di quella fede concedendo ad essa condizioni di privilegio(Iran).
2) Stato laico: accoglie il principio di distinzione temporale, il pluralismo confessionale e condizione ugualitaria a tutte le confessioni.
Sistemi:
1) Stato unionista: è governato da autorità che detengono sia il potere religioso che statuale( nord Europa e più accentuato i paesi islamici o il vaticano).
2) Stato separatista: separa il fondamento e l’esercizio dei poteri di governo e l’organizzazione degli apparati pubblici da quelli delle chiese (Usa). NB: ricorda la laicità alla francese(Alsazia).

Fonti del DEI:
La peculiarità di tali fonti sta nel fatto che alcune di esse, quelle concordate con le confessioni, che per espresso dettato costituzionale ne disciplinano in tutto o in parte i rapporti con lo stato al fine di dare rilevanza nell’ordinamento civile ad esigenze ed aspetti specifici della loro identità non sono di esclusiva produzione dei suoi organi legislativi.
Quindi le fonti del DEI oltre quelle poste in essere in via unilaterale dallo stato comprendono sia gli accordi col vaticano, sia con le altre confessioni: si verifica quindi un’autolimitazione dei poteri sovrani della repubblica(in un certo analoga all’art.11 cost) espressa dall’obbligo costituzionale di regolare i rapporti con le confessioni religiose per mezzo di accordi ( principio di bilateralità patrizia).
Le norme degli accordi, di solito prevedono e necessitano di discipline d’attuazione rimessa talvolta ad ulteriori accordi tra le parti ( art. 6 1984), talaltra allo stato. Eventualmente un regolamento dei loro rapporti sottoposto a disciplina pattizia può divenire di rilevanza di atti promananti da una delle parti purchè questo non sia in contrasto con i principi supremi dello stato.
Nell’interpretazione delle norme patrizie vale il criterio che l’eventuale limitazione delle competenze dello stato deve risultare da norma espressa e in mancanza di questa è in desumibile da incerti argomenti interpretativi(Cass. 169/1971): interpretazione restrittiva come per gli accordi internazionali.

Nel 1984 con l’art.13,2 vengono creati gli accordi di secondo livello disponendo che ulteriori materie per le quali si manifesti l’esigenza di collaborazione tra la chiesa cattolica e lo stato potranno essere regolate sia con nuovi accordi tra le due parti, sia con le intese tra le competenti autorità dello stato italiano e la CEI. Da qui nasce una discussione se tale articolo specifica i rapporti oppure dia il via a una deconcordarizzazione dell’oggetto delle intese con la CEI essendo emanate con DPR. La risposta al quesito sta nel comprendere se gli artt. 7,2 e 8,3 Cost. prevedano una riserva di legge.

Le fonti di diritto internazionale sono mirate alla salvaguardia della libertà del pensiero, di coscienza e di religione( ricorda art.9 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e l’art.18 del Patto internazionale sui diritti civili e politici).

La libertà di pensiero, coscienza e religione sono principi generali del diritto comunitario in forza dell’art. 6,2 del trattato sull’unione Europea del 1992, ma nonostante ciò la legislazione nazionale ha prevalenza (non avendo l’UE competenza nella specifica materia della qualificazione degli stati membri) nel rispetto dei diritti fondamentali della persona garantiti dall’Unione.
Nonostante ciò l’art. 2.7 del Trattato di Amsterdam prevede che il consiglio possa emanare regolamenti e direttive (entrambi vincolanti) per prendere provvedimenti per combattere discriminazioni fondate….sulla religione.

La corte cost. ha superato il problema riguardante il rango costituzionale delle leggi di esecuzione degli accordi con le confessioni religiose accogliendo una soluzione intermedia che ha ammesso il sindacato di legittimità costituzionale delle fonti di derivazione pattizia in senso stretto(Patti lateranensi) ma che la pronuncia di legittimità richiede l’accertamento della violazione di un principio supremo dell’ordinamento costituzionale. La stessa corte ha ribadito l’impossibilità di richiedere un referendum abrogativo dei patti lateranensi poiché fonte normativa assimilabile alle costituzionali ed equiparabile alle internazionali.

Principi supremi e fondamentali
Sono sovraordinati ad ogni altra fonte anche di rango costituzionale e non possono essere modificati nemmeno col 138 Cost. Essi costituiscono un limite all’ingresso nell’ordinamento italiano delle norme internazionali generalmente riconosciute, delle norme internazionali contenute in trattati istitutivi di organizzazioni internazionali o da essi derivanti, delle norme di derivazione pattizia ex art. 7,2 Cost.
La Corte Cost. ha individuato 3 principi supremi all’apice delle fonti del DEI:
1) Diritto alla tutela giurisdizionale dei diritti (n. 18 del 1982).
2) Inderogabile tutela dell’ordine pubblico( n. 18 del 1982): nessun atto proveniente dalle autorità ecclesiastiche può avere efficacia nello stato se si pone in conflitto con le regole poste dai principi dell’ordinamento.
3) Laicita: il nostro Stato, la cui forma si caratterizza in senso pluralistico, garantisce che fedi, culture e tradizioni diverse convivano in uguaglianza e libertà.
Altri principi fondamentali sono: Uguaglianza, Indipendenza dell’ordine proprio dello stato da quello proprio di tutte le confessioni religiose, Pluralismo confessionale, Autonomia delle confessioni religiose, Bilateralità pattizia.

Principi costituzionali:
1) Libertà religiosa individuale(art.19) garantita a tutti a prescindere dalla cittadinanza poiché appartenente ai diritti inviolabili dell’uomo(art.2).
2) Divieto di discriminazione de e tra gli enti in cui si articolano tutte le confessioni(art.20).
3) Altri principi quali Tutela del patrimonio storico/artistico della nazione, della famiglia fondata sul matrimonio,della salute,del lavoro, della libertà dell’arte, della scienza, dell’assistenza privata, del contraddittorio nel processo,della sussidiarietà.

Poteri ed autorità dello stato:
In base al principio della distinzione degli ordini tutti i poteri dello stato non possono svolgere attività legislativa amministrativa e giurisdizionale nelle materie riservate alla competenza esclusiva delle confessioni religiose.
Ma il carattere laico fa sì che lo stato sii prenda l’onere di proteggere in senso negativo e positivo l’interesse religioso nel suo aspetto indifferenziato(corollario della laicità è l’imparzialità ed il buon andamento della amministrazione).
Il presidente della repubblica accredita e riceve i rappresentanti della S.sede e ratifica gli accordi(art. 87,8 Cost.). Emana con Dpr tutti gli atti per i quali è intervenuta la deliberazione del consiglio dei ministri tra i quali gli accordi di secondo livello con le confessioni religiose.

Una competenza specifica residua è l’emanazione con Dpr dei decreti di riconoscimento della personalità giuridica agli istituti di culti diversi dalla religione cattolica.

Il governo sottopone alle camere le linee di indirizzo politico anche in materia ecclesiastica.
Sono riservate collegialmente al consiglio dei Ministri gli atti concernenti i rapporti tra stato e chiesa cattolica (artt. 7 e 8 Cost.) nelle diverse fasi di avvio e conclusione delle trattative, della nomina della rappresentanza dello stato, della scelta delle materie e dei principi informatori, della presentazione alle camere del disegno di legge di esecuzione/approvazione, dell’eventuale riesame.
Il premier sottoscrive intese ed accordi di portata generale grazie all’ausilio del segretariato alla presidenza del consiglio ed una commissione interministeriale.

Il ministero dell’interno svolge le funzioni per quella parte della materia ecclesiastica non concernente i rapporti. Attraverso il Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, che si articola nella direzione centrale degli affari dei culti e la direzione centrale per il fondo edifici di culto è competente in materia di diritti civili compresi quelli delle confessioni religiose: riconoscimento degli enti ecclesiastici, approvazione e nomina dei ministri di culto di confessioni diverse dalla cattolica, vigilanza e tutela sugli istituti delle medesime, amministrazione del fondo edifici di culto.


Principio di uguaglianza:
Art. 3.
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. (FORMALE)
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.(SOSTANZIALE)
Tale principio si pone come guida per il legislatore che deve ricorrere ad un criterio di ragionevolezza o non arbitrarietà quando introduce discipline diverse a seconda di interessi non omogenei o di situazioni non sostanzialmente identiche.
L’uguaglianza e la pari dignità costituiscono però allo stesso tempo un vincolo al contenuto della legge e due fondamentali posizioni soggettive, annoverate tra i diritti inviolabili dell’uomo(art. 2).
Tali principi sono garantiti anche ai non cittadini ed inoltre la Corte Cost. ha esteso l’ambito di applicazione dell’uguaglianza anche a soggetti collettivi (poiché principio di carattere generale).
Dal rapporto tra il principio di uguaglianza e la libertà di religione(art.19) discende la garanzia ad ogni individuo del diritto alla libertà di coscienza in relazione all’esperienza religiosa, che rappresenta un aspetto della dignità della persona e che è riconosciuto a credenti e non.
La Corte Cost. ha affermato che il mancato rispetto del principio di uguale libertà a tutte le religioni(art.8,1), contrario al dovere di equidistanza e di imparzialità dello stato laico di fronte alle religioni, si traduce in una violazione dell’uguaglianza dei singoli appartenenti al culto sottoposto a disparità di trattamento.
Coordinando l’art.3 con il 20 si ottiene un’espressione del principio di uguaglianza e del divieto di discriminazione con riguardo all’ampia categoria degli enti religiosi.
Dal disposto dell’art. 3 derivano l’imparzialità della P.A.(97,1) e la soggezione del giudice soltanto alla legge(101 cost).

Divieto di discriminazione:
la tutela del principio di uguaglianza va a toccare anche i rapporti di diritto privato ( rapporti di lavoro, pubblico impiego).
Il T.U. sull’immigrazione del 1998 considera discriminatorio ogni comportamento che direttamente o indirettamente comporti una distinzione, esclusione, restrizione o preferenza basata sulle convinzioni o pratiche religiose e che abbia lo scopo o l’effetto di compromettere il riconoscimento, il godimento o l’esercizio in condizioni di parità dei diritti umani e delle libertà fondamentali.
Si considera un atto discriminazione inoltre qualunque imposizione di condizioni più svantaggiose o negazione di fornitura di beni o servizi in relazione all’appartenenza confessionale.
N.B. introduzione dell’azione civile contro la discriminazione(art.44 d.lgs 216 2003).

I rapporti con le confessioni religiose
Il Pluralismo confessionale
Art. 2.
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
Tale articolo costituisce norma generale di riferimento del carattere pluralista dell’ordinamento repubblicano e ben si combina con l’art. 8,1: Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge.
Questa disposizione esprime il principio del pluralismo confessionale(Corte Cost 203/1989) superando il modello del confessionismo di stato.
Il protocollo addizionale del 1984 ha dato atto che non è più in vigore il principio della religione di stato(statuto albertino) e l’art.1 della legge sui culti ammessi si deve considerare completamente abrogata per incompatibilità con gli artt.8,1 e 19 Cost.( l’unico limite è il buon costume).
E’ poi stretto il legame dell’art.8,1 con il 19 in quanto la garanzia della eguale libertà di ogni confessione è preordinata alla soddisfazione dei bisogni religiosi dell’individuo.
Non può inoltre costituire un fattore discriminante l’aver o meno stipulato intese con lo stato.
In forza dei principi di uguaglianza e di uguale libertà l’atteggiamento dello stato non può essere che di equidistanza e di imparzialità nei confronti dei culti.

Indipendenza delle confessioni
La costituzione ha introdotto nella norma l’espressione confessione religiosa senza enunciarne gli elementi costitutivi e quindi si fa riferimento a giurisprudenza e dottrina. La Corte Cost. ha escluso l’autoqualificazione disponendo la possibile deduzione da vari dati quali la presenza di un’intesa con lo stato, precedenti riconoscimenti pubblici (es. attribuzione della personalità giuridica ad un ente rappresentativo), statuto che ne esprima chiaramente i caratteri o la comune considerazione.
La Cassazione ha evidenziato come per religione non si debba intendere solo un complesso di dottrine incentrato sull’esistenza di un essere supremo trascendente e sul concetto di salvezza dell’anima.
Le confessioni religiose dotate di un apparato organizzatorio costituiscono ordinamenti giuridici originari, indipendenti da quello dello stato (art. 7: Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani).
L’art. 8,2 suggerisce che le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto(e non il dovere) di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano.
A questa capacità organizzatoria corrisponde l’abbandono da parte dello stato di ogni pretesa di fissarne per legge i contenuti ed ogni ingerenza statale nelle disposizioni statutarie(Corte Cost. 43/1988).
All’indipendenza degli ordinamenti religiosi corrisponde una carenza di giurisdizione del giudice italiano sulle norme statutarie e sul merito dei provvedimenti adottati dall’autorità confessionale in materia spirituale o disciplinare: il limite sta nella incompatibilità con l’ordinamento giuridico italiano(8,2) in quanto espressione dell’esclusiva sovranità dello stato nel proprio ordine(7,1).

Laicità dello stato
Principio supremo dell’ordinamento e quindi paramentro in base al quale può essere dichiarata l’incostituzionalità delle leggi costituzionali stesse nonché delle norme di derivazione pattizia che godono di copertura costituzionale.
Il principio si ricava in via interpretativa dagli artt.2,3,7,8,19,20 Cost.: la laicità all’italiana non implica indifferenza dello stato dinnanzi alla religione, ma garanzia dello stato per la salvaguardia della libertà di religione in regime di pluralismo confessionale e culturale(Corte Cost203/1989).
Per la Corte cost. dalla laicità discendono alcuni corollari:
1) distinzione degli ordini, tra lo stato e le confessioni religiose, tra la sfera temporale e quella spirituale.
2) pluralismo confessionale e culturale
3) divieto di ogni discriminazione tra culti(in base al criterio quantitativo o sociologico)
4) dovere di equidistanza ed imparzialità: sancisce l’illegittimità di discipline differenziate in base all’elemento religione, salva la specificità della disciplina bilaterale convenuta con le confessioni religiose.

Distinzione degli ordini
Per ordine si intende un complesso di materie sulle quali ognuno dei 2 soggetti esercita secondo le specifiche caratteristiche il potere sovrano di apportare una regolamentazione giuridica e la garanzia dei correlati interessi umani.
Il principio di indipendenza e sovranità dello Stato nel proprio ordine significa che ove sussista una potestà di imperio dello stato è esclusa ogni sovranità e indipendenza della Chiesa( es. all’ordine esclusivo dello stato appartengono la tutela della salute e della libertà degli individui).
Tale distinzione implica una separazione formale tra le autorità che governano le due sfere e tra gli strumenti giuridici utilizzati da ciascuna parte per regolare i propri ambiti di competenza.
Vi sarà dunque carenza di giurisdizione del giudice italiano nell’applicare il diritto canonico, ma nel contempo la religione e gli obblighi morali che ne derivano non possono essere imposti come mezzo al fine dello stato (Corte Cost. 334 1996).

Bilateralità pattizia: concordati e intese
Nelle materie che presentano profili di comune interesse dello stato e delle confessioni religiose i relativi ordinamenti possono incontrarsi dando luogo alla normazione bilaterale nell’ambito della quale è prodotto il diritto di derivazione pattizia sia al fine di risolvere i conflitti di lealtà del cittadino, sia al fine di rendere efficaci i provvedimenti dell’uno nell’ordinamento dell’altro, sia per realizzare forme di cooperazione che assicurino il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva realizzazione dei diritti di libertà.
Ai sensi dell’art. 7,2 i rapporti tra la Chiesa e lo stato sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modifiche a tali patti accettate da due parti(es.1984) non richiedono procedimento di revisione costituzionale. Lo richiedono in caso di modifiche unilaterali.
Questo orientamento(contrastante con la dottrina) fa leva su una lettura al contrario dell’art.7,2 secondo la quale le modificazioni dei patti non accettate dalle due parti richiederebbero una legge di revisione costituzionale. Questa particolare caratteristica delle norme di esecuzione degli impegni concordatari, modificabili con legge ordinaria solo in presenza di un formale accordo tra le parti, ne sancisce la natura di fonti atipiche, dotate, in quanto leggi rinforzate, della particolare forza di resistenza (passiva) alla modifica o all’abrogazione unilaterali. Per questa ragione la legge di esecuzione non può neanche essere sottoposta a referendum popolare.( Corte Cost.1978).
La Corte Cost. ha specificato che il richiamo all’art. 7 Cost. dei Patti Lateranensi ha dato a questi ultimi copertura costituzionale, ma ha precisato che l’articolo non può, avendo riconosciuto allo stato ed alla Chiesa cattolica una posizione di reciproca indipendenza e sovranità, avere forza di negare i principi supremi dell’ordinamento costituzionale dello stato, che costituiscono un ostacolo all’ingresso nell’ordinamento italiano delle norme bilaterali in contrasto con essi(Corte Cost. 73/2001).
Sono dunque ammissibili questioni di legittimità costituzionale sulle norme di esecuzione degli impegni concordatari, ma eventuali dichiarazioni di incostituzionalità possono essere pronunciate solo per violazione dei principi supremi.
La natura di fonte atipica è riconosciuta agli accordi del 1929 e del 1984, ma non alle leggi di attuazione di specifiche norme del concordato, come la legge matrimoniale.
In base all’art.8,3 i rapporti tra lo stato e le confessioni diverse dalla cattolica sono regolati per legge(riserva assoluta) mediante intese con le rispettive rappresentanze. Anche queste avranno natura di fonte atipica, poiché ne è prescritta la eventuale modificazione solo attraverso nuove intese, ma a differenza delle leggi di esecuzione dei patti lateranensi sono pienamente assoggettabili al sindacato di legittimità costituzionale rispetto a tutte le norme della carta.
In rapporto a tale materia il 117 Cost. riserva competenza esclusiva allo stato.

La libertà di religione
Art. 19
Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume.
Messo in relazione con l’art.3 tale articolo evidenzia l’impegno dello stato a predisporre tutti gli elementi necessari per l’uguaglianza sostanziale in tale materia.
La libertà religiosa è un diritto inviolabile della persona ex art.2 onde sul piano privatistico è indisponibile, cioè non può essere oggetto di rinunce o transazioni al pari di tutti gli altri diritti garantiti dalla costituzione(salvo docente della cattolica).
La libertà religiosa costituisce un diritto pubblico soggettivo che può essere azionato nei confronti dello stato: se quindi una legge o un provvedimento dell’autorità di governo o della P.A. limitino le facoltà menzionate al di fuori dei termini previsti, si può ricorrere alla giurisdizione ordinaria.

Facoltà di professare liberamente la fede
Oltre alle facoltà espresse sono riconosciute anche quelle di appartenere o non appartenere ad una confessione o associazione religiosa, di manifestare con ogni mezzo il proprio pensiero in materia religiosa, di mutare l’appartenenza confessionale, di indire riunioni in luoghi aperti al pubblico e pubblici, di costituire o utilizzare scuole professionali, di costituire e/o partecipare ad associazioni con fede di religione o culto. La libertà religiosa ha quindi un carattere dinamico.

Libertà dei fedeli all’interno della confessione
In relazione ai comportamenti dell’autorità confessionale che qualificano il comportamento dei propri fedeli, contrario ai precetti religiosi, con espressioni che costituiscano violazione della dignità personale, la potestà di governo delle confessioni trova un limite nei diritti inviolabili garantiti dalla costituzione, salvaguardati dalla legge penale e dalle altre norme poste dall’ordinamento a garanzia della personalità degli individui.

Libertà di propaganda
In tale materia è attuale la problematica di garantire ad ogni confessione l’uguale libertà sancita dall’art.8,1(problema radiotelevisivo).

Esercizio del culto Art. 17.
I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz'armi.
Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso.
Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica.
All’entrata in vigore della Costituzione il Ministero dell’interno ritenne che tale art. non fosse applicabile alle riunioni di culto in luogo aperto al pubblico e che l’art. 19 non avesse valore precettivo.La corte Cost. ha assicurato alle minoranze religiose l’effettiva libertà di aprire edifici al culto pubblico e di riunirsi, ritenendo applicabile in materia l’art.17 e dichiarando invece illegittime le norme restrittive di pubblica sicurezza, gli artt.1 e 2 r.d. n.289/1930. Viceversa ha ritenuto legittime le norme che sanciscono l’obbligo di approvazione della nomina del ministro di culto delle confessioni religiose diverse dalla cattolica, se ed in quanto a tale requisito sia subordinata la produzione di effetti civili degli atti compiuti da tali ministri. L’unico limite all’art. 17 risulta dunque essere la pubblica sicurezza.
Gli enti ecclesiastici ed il divieto di discriminazione
Art. 20.
Il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto d'una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, né di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività.
Lo stato non può sopprimere gli enti ecclesiastici al fine di incamerarne i beni, ne trasformarli. Al contempo la personalità giuridica degli enti ecclesiastici può essere colpita da tutte le leggi restrittive in vigore per gli enti morali, ma in base a questo articolo non può essere colpita per il semplice fatto di essere persona ecclesiastica.
Contenuti e finalità
La norma garantisce la facoltà dei singoli e delle confessioni religiose di dare vita ad enti esponenziali ponendo al legislatore il divieto di discriminare questi enti rispetto agli altri di diritto comune. L’art. 20 risulta essere una norma di chiusura rispetto agli artt.3,7,8,19 Cost. che potrebbero non risultare protetti da un’interpretazione stretta.
Ogni modificazione del diritto comune che si traduca in un trattamento migliorativo delle persone giuridiche, comporta l’illegittimità costituzionale della preesistente legislazione speciale in materia di enti ecclesiastici, meno favorevole; ma anche nuove norme dettanti normative più favorevoli per gli enti di una chiesa. Sono legittime l’emanazioni di norme più favorevoli per l’intera categoria degli enti religiosi.
Soggetti destinatari della garanzia
La norma tutela nuovi gruppi, movimenti, associazioni con finalità di religione e di culto che non rientrano nell’ambito di applicazione degli artt. 7 e 8 cost. perché non organizzati o non collegati ad alcuna confessione religiosa.
Amministrazione degli enti ecclesiastici
L’art.13 l. n. 127/1997 ha abrogato ogni norma che prescrivesse l’autorizzazione governativa sia per gli acquisti che per l’alienazione d’immobili da parte di persone giuridiche, associazioni e fondazioni. A seguito dell’accordo del 1984 e con la disciplina di attuazione è cessato, a seguito della riforma canonica del sistema beneficiale, il controllo statale sugli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione per gli enti della chiesa cattolica che ricevevano il supplemento di congrua dallo stato(cioè diocesi e parrocchie).
Con l’entrata in vigore della nuova normativa pattizia la gestione degli enti religiosi si svolge sotto il controllo dei competenti organi della confessione senza ingerenza dello stato(si acuisce così la discriminazione attuata dalla legge sui culti ammessi sottoponente i loro enti alla tutela ed alla vigilanza governativa).
Capacità contributiva
L’art. 20 è applicazione al caso particolare dell’art. 53 Cost: la capacità contributiva degli enti ecclesiastici con fine di religione o di culto non è influenzata dalla loro qualificazione o dai fini confessionali(lo stato può introdurre agevolazioni fiscali , ma non può introdurre oneri fiscali discriminatori nei loro confronti).
Gli enti ecclesiastici di diritto comune
Gli enti religiosi possono agire nell’ordinamento italiano come enti non riconosciuti, che rilevano quei centri di imputazione di attività meritevoli di tutela perché socialmente utili. In tal caso il rispetto della tendenza dell’ente confessionale può essere assicurata mediante l’esercizio dell’autonomia negoziale ed il ricorso ad apposite clausole statutarie.
Obiezioni di coscienza
Il matrimonio celebrato davanti ai ministri del culto cattolico

La Repubblica ispira oggi il suo ordinamento al principio della pluralità delle forme di celebrazione del matrimonio idonee a costituire la famiglia legittima e riconosce ciascuno il diritto di libertà matrimoniale.
Dopo la sola valenza del matrimonio civile, con l’art. 34 Conc. 1929 vengono riconosciuti gli effetti civili del matrimonio canonico e lo stato rinuncia alla giurisdizione sulle cause concernenti nullità e dispensa, riservate alla competenza canonica.
La trasmissione all’ufficiale di stato civile dell’atto del matrimonio canonico trascritto avveniva sempre d’ufficio e comportava automatica efficacia anche per l’ordinamento statale del vincolo, senza necessità di impulso delle parti. La legge 1159/29 riconosceva anche al matrimonio celebrato di fronte ai ministri dei culti ammessi, in presenza di certi requisiti e adempimenti, gli stessi effetti del matrimonio civile.

Evoluzione del sistema fino all’accordo dell’84

La legge 898/1970 consente lo scioglimento dei matrimoni civili e la cessazione degli effetti civili sul matrimonio celebrato con rito religioso e regolarmente trascritto. Il giudice civile, in forza della nuova disciplina, può sciogliere il matrimonio senza pregiudizio dell’ordinamento canonico per il quale il vincolo resta fermo.
La Corte Cost. ha dichiarato non fondata la questione di costituzionalità della legge in relazione alla riserva di giurisdizione ecclesiastica sui matrimoni concordatari (art. 34 Conc.) in riferimento agli artt. 7,1 e 2; 10; 138 Cost. (“alla Chiesa spetta solo la giurisdizione sulla valida formazione del vincolo e non quella sul rapporto matrimoniale”).
La sentenza 32/1971 C.Cost. dichiara che la scelta degli sposi tra regime concordatario e civile è un atto rilevante per l’ordinamento statuale e da esso disciplinato quale autonomo negozio (la trascrizione è nulla se fatta da incapace: illegittimo l’art. 16 della legge matrimoniale laddove prevede che la trascrizione possa essere impugnata solo per una delle cause menzionate dall’art. 12, dove manca il caso dell’incapacità naturale, e dopo il ’75 anche del minore).

Volontà dei contraenti

L’art. 8,1/1984 dispone che sono riconosciuti gli effetti civili ai matrimoni contratti secondo le norme del diritto canonico a condizione che l’atto relativo sia trascritto nei registri dello stato civile, previe pubblicazioni nella casa comunale, ma la Santa Sede prende atto che la trascrizione non potrà avvenire senza il rispetto delle leggi civili in materia di età per la celebrazione e di impedimenti inderogabile (superato il sistema dell’attribuzione automatica).
Il diritto di libertà matrimoniale (2, 19 e 29 Cost.) impone che la volontà degli sposi in relazione agli effetti civili del matrimonio sia determinante: il diritto crea quindi un sistema di “presunzioni di volontà” degli effetti civili poggiante sul compimento da parte degli sposi di alcuni atti.

Pubblicazioni matrimoniali

È il primo degli adempimenti presuntivi della volontà di attribuire alla propria unione efficacia civile: è un annuncio di matrimonio redatto dall’ufficiale di stato civile ed affisso all’albo comunale affinché i soggetti legittimati ai sensi dell’art. 102 c.c. possano opporsi al matrimonio. Devono essere richieste dal parroco, da entrambi gli sposi (o da un terzo incaricato speciale – art. 96 c.c.) e devono restare affisse per almeno 8 gg. Perdono efficacia se dopo 180 gg non si è celebrato il matrimonio (art. 99 c.c.).
È possibile la trascrizione del matrimonio non preceduto da pubblicazioni: dopo aver accertato la mancanza degli impedimenti, l’ufficiale di stato civile affigge avviso dell’avvenuta celebrazione e procede alla trascrizione, in mancanza di opposizione, solo dopo 10 gg ( trascrizione tempestiva ritardata).
Dopo 3 gg dal compimento delle pubblicazioni l’ufficiale dello stato civile, in mancanza di opposizione (se conosce un impedimento procede ugualmente, ma ne informa il procuratore della repubblica), rilascia un nulla osta che, insieme all’atto di matrimonio, consente e garantisce che la trascrizione abbia luogo.
L’opposizione è proposta davanti al tribunale territorialmente competente, è notificata all’ufficiale di stato civile ed agli sposi (che sono tutti parti del giudizio nel quale interviene necessariamente il PM). L’ufficiale di stato civile deve comunicare l’opposizione al parroco.
In caso di notifica dell’opposizione l’ufficiale deve sospendere il rilascio del nulla osta oppure, se si è già celebrato il rito religioso senza le previe pubblicazioni, deve sospendere il corso della trascrizione in attesa della pronuncia del giudice.

Gli adempimenti e le funzioni del ministro di culto

Alla fine del matrimonio il parroco (pubblico ufficiale) o un suo delegato spiega ai contraenti gli effetti civili del matrimonio dando lettura degli artt. 143, 144, 147 del c.c. (se non li legge è semplice irregolarità) e redige in doppio originale l’atto di matrimonio (art. 8,1/1984).
Nell’atto possono essere inseriti scelte relative al regime patrimoniale o riconoscimento di figli naturali.

Trascrizione tempestiva

Dopo la messa, il pranzo e comunque 5 gg il parroco del luogo trasmette all’ufficiale di stato civile copia del secondo originale, richiedendone la trascrizione. Questi deve eseguire la trascrizione entro 24h dal ricevimento della richiesta dandone poi notizia al parroco.
La trascrizione è atto di accertamento costitutivo dell’esistenza in sede civile del matrimonio canonico. Il matrimonio acquista effetti civili non dal compimento della trascrizione, ma dalla celebrazione per l’indiscussa efficacia retroattiva della trascrizione.

Impedimenti alla trascrizione

In base all’art. 12 della legge matrimoniale vi erano solo 3 casi di intrascrivibilità del matrimonio:
a) precedente vincolo civilmente valido di una delle parti con una terza persona.
b) Precedente vincolo tra gli stessi sposi
c) Interdizione per infermità mentale di una delle parti accertata con sentenza passata in giudicato
L’elencazione era ritenuta tassativa, ma era già stata integrata dalla corte cost.
Il nuovo accordo ha recepito l’esigenza di uniformità dei requisiti necessari per conseguire lo status di coniugato ed ha previsto che la trascrizione non possa avere luogo in presenza di un impedimento inderogabile per legge. Alcune ipotesi sono elencate dal protocollo addizionale(minori, pazzi,bigami,omicidi,affini in linea retta).
Le forme speciali di celebrazione non sono trascrivibili.

Il matrimonio contratto al di fuori del territorio nazionale, in un paese che attribuisse effetti civili al matrimonio celebrato in forma religiosa, sarebbe efficace anche per l’ordinamento italiano in forza delle norme di diritto internazionale privato che regolano questa materia (ma non sarebbe riconducibile alla disciplina concordataria, bensì al rispetto del diritto internazionale).
Lo straniero che voglia sposarsi in Italia deve presentare all’ufficiale dello stato civile una dichiarazione dell’autorità competente del proprio paese dal quale risulti che nulla osta al matrimonio(art.116cc). NB: il nulla osta non serve se lo stato di provenienza non lo rilascia per motivi discriminatori.

Trascrizione tardiva
Trascorsi i 5 gg si può comunque procedere a trascrizione per richiesta di entrambe le parti (da sole o insieme) presentando uno dei due originali dell’atto di matrimonio: trascrizione tardiva. Per tutto il periodo compreso tra celebrazione e trascrizione gli sposi devono aver conservato lo stato “libero”.

Richiesta di trascrizione dopo la morte di uno dei coniugi
Sono inefficaci le dichiarazioni pro futura trascrizione al momento della celebrazione (nemmeno l’eventuale consenso preventivo è rilevante).
L’unico caso possibile è quello del decesso una volta trasmessa la domanda congiunta di trascrizione.

Matrimonio celebrato davanti a ministri delle confessioni diverse dalla cattolica
L’art.83 c.c. dispone che tale matrimonio si angolato dagli artt. 84 c.c. e seguenti salvo le norme speciali(del 1929 e del 1930).
Dopo l’abbandono del matrimonio civile obbligatorio è possibile anche per le confessioni minori il riconoscimento degli effetti anche in campo civile. Qui però è regolato dalle norme dei culti ammessi solo riguardo al rito, rimanendo un matrimonio civile.

Regime della legge sui culti ammessi
Il ministro di culto deve essere approvato dal ministro dell’interno (se no nullo). L’approvazione è valida per tutto il territorio nazionale. Le parti nel richiedere le pubblicazioni devono specificare che intendono celebrare matrimonio davanti ad un ministro di un culto ammesso. L’ufficiale dello stato civile rilascia un’autorizzazione svolte le opportune verifiche(salvo opposizione).
Il ministro deve dare lettura degli artt. 143 e 147 c.c. e dopo la manifestazione di volontà di connubio delle parti redige un atto di matrimonio di natura certificativa che invia all’ufficio dello stato civile entro 5 giorni. Nella celebrazione del rito il ministro agisce come un P.U.
Non è prevista la procedura di trascrizione tardiva. Le cause di nullità sono quelle previste per il matrimonio celebrato davanti all’ufficiale dello stato civile dagli artt.117 e ss. c.c.

Regime delle leggi sulla base di intese
Nell’intesa con la Tavola Valdese è previsto che sia l’ufficiale di stato civile a dare lettura del codice agli sposi al momento della richiesta delle pubblicazioni e a rilasciare il nulla osta.
Questo poi, unito alla copia dell’atto matrimoniale è trasmessa all’ufficiale di stato civile del comune di celebrazione. Non è necessaria (a differenza delle altre religioni minori) la cittadinanza italiana del ministro di culto.

Giurisdizione sul matrimonio canonico trascritto

Nel vigore del concordato lateranense le sentenze di nullità dei matrimoni canonici trascritti ed i provvedimenti di scioglimento del matrimonio rato e non consumato (entrambi di competenza ecclesiastica) erano resi esecutivi nell’ordinamento civile attraverso uno speciale provvedimento di competenza della corte di appello con carattere di ufficiosità e sostanzialmente automatico (di fatto si limitava a trascrivere nei registri civili dopo meri controlli formali). La giurisprudenza di legittimità ha dato presto a questo tipo di provvedimenti la natura sostanziale di sentenza, eliminando ogni ipotesi di illegittimità costituzionale e garantendo inoltre la difesa tecnica delle parti. Il primo riconoscimento consentì il ricorso in cassazione ex art. 111 cost.
Dal 1975 il giudice della legittimità, al fine di dare contenuto sostanziale all’attività giurisdizionale della corte d’appello ed al diritto di agire e resistere in giudizio delle parti, ha ritenuto che la Corte d’Appello dovesse accertare la non contrarietà della sentenza ecclesiastica all’ordinamento italiano e dunque il giudice delle leggi ha ritenuto fondate le questioni di legittimità in relazione agli artt.2 ,3, 7, 24, 25, 29, 101, 102 Cost. introducendo correttivi all’automaticità del provvedimento con una sentenza additiva.
La pronuncia ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 34 Conc. per contrasto con il principio supremo dell’ inderogabile tutela dell’ordine pubblico nella parte in cui non prevede che la corte di appello si preoccupi di verificare il corretto esercizio del diritto di difesa all’interno del processo canonico (sentenza c. cost n.18/1982).
L’accordo del 1984 ha recepito tale sentenza e all’art.8,2 recita:
Le sentenze di nullità di matrimonio pronunciate dai tribunali ecclesiastici, che siano munite del decreto di esecutività del superiore organo ecclesiastico di controllo, sono, su domanda della parti o di una di esse, dichiarate efficaci nella Repubblica italiana con sentenza della corte d'appello competente, quando questa accerti:
a) che il giudice ecclesiastico era il giudice competente a conoscere della causa in quanto matrimonio celebrato in conformità del presente articolo;
b) che nel procedimento davanti ai tribunali ecclesiastici è stato assicurato alle parti il diritto di agire e di resistere in giudizio in modo non difforme dai principi fondamentali dell'ordinamento italiano;
c) che ricorrono le altre condizioni richieste dalla legislazione italiana per la dichiarazione di efficacia delle sentenze straniere.
La corte d'appello potrà, nella sentenza intesa a rendere esecutiva una sentenza canonica, statuire provvedimenti economici provvisori a favore di uno dei coniugi il cui matrimonio sia stato dichiarato nullo, rimandando le parti al giudice competente per la decisione sulla materia.
In ogni caso non si procede al riesame del merito( punto 4 del protocollo addizionale). L’impulso di una o di entrambe le parti è necessaria per dare avvio al procedimento(non dei parenti poiché è un diritto personalissimo).
Ancora non è stata emanata la legge matrimoniale di attuazione dell’accordo. La giurisprudenza è costante nel ritenere che si debba adottare il rito ordinario(atto di citazione) quando la delibazione(procedura giudiziaria che serve a far riconoscere, in un determinato Paese, un provvedimento giudiziario emesso dall'autorità giudiziaria di un altro Paese) sia chiesta da uno dei coniugi, mentre quello camerale(ricorso) in caso di richiesta congiunta. Nel procedimento interviene il PM.
Accertamenti della corte d’appello(vedi pp136-141)
Legge n.218/1995 e riforma del sistema del diritto internazionale privato
Abrogati gli artt.796 e 797 cpc la legge in questione ha stabilito che la sentenza straniera è riconosciuta in Italia senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento quando ricorrono alcune condizioni. Tale richiamo prescritto dall’art. 8,2 dell’Accordo 1984 ha indotto parte della dottrina e parte della giurisprudenza a sostenere l’applicabilità della nuova norma anche per le sentenze ecclesiastiche. La corte suprema ha però stabilito l’inapplicabilità di tale legge, sia per l’inidoneità di una fonte ordinaria a modificare le norme di derivazione pattizia (per il richiamo fatto dall’art.7 cost.), sia perché l’art. 2 della legge dispone che le disposizioni della presente legge non pregiudicano l’applicazione delle convenzioni internazionali in vigore in Italia. N.B. Il regolamento Ce 2201/2003 fa si che l’Unione riconosca le delibazioni delle sentenze canoniche di nullità matrimoniale nei singoli stati.
Pendenza del giudizio civile di nullità e delibazione delle sentenze ecclesiastiche
La sentenza ecclesiastica di nullità matrimoniale non può essere delibata quando è pendente davanti al giudice italiano un procedimento per il medesimo oggetto fra le stesse parti proposto prima che la sentenza sia divenuta esecutiva secondo il diritto canonico( l’eventuale rigetto della domanda di nullità del matrimonio potrebbe impedire il riconoscimento della sentenza ecclesiastica di nullità perché la sentenza straniera non deve essere contraria a quella italiana). N.B. ciò solo se ritiene superata la riserva di giurisdizione della chiesa prevista dall’art.34 Conc.
Cessazione degli effetti civili e delibazione della sentenza ecclesiastica
La sentenza della corte d’appello passata in giudicato, che rende esecutiva nell’ordinamento dello stato la sentenza ecclesiastica di nullità comporta la cessazione della materia del contendere nel pendente giudizio di cessazione degli effetti civili del matrimonio perché travolge ogni controversia che presupponga l’esistenza e la validità del vincolo.
La delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità non è preclusa dal passaggio in giudicato della sentenza che ha pronunciato la cessazione degli effetti civili di quel matrimonio canonico trascritto poiché le 2 pronunce hanno un diverso oggetto e non sono tra loro contraddittorie, riguardando il vincolo matrimoniale sotto diversi aspetti e fondandosi su distinti ed autonomi presupposti.
La pronuncia di cessazione degli effetti civili passata in giudicato, però, contiene un accertamento incidentale sulla validità del vincolo che, pur non impedendo la delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità, rende applicabile il principio secondo cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile e dunque la sentenza ecclesiastica di nullità non travolge…la sentenza di divorzio(Cass. N.3345/1997)
Riserva di giurisdizione ecclesiastica. Vedi p.144-148
Gli enti ecclesiastici
Il riconoscimento
Le confessioni religiose non sono dotate di norma di personalità giuridica, mentre lo sono le articolazioni attraverso le quali si strutturano ed agiscono.
Il riconoscimento civile come ente ecclesiastico può essere conseguito:
1) Per antico possesso di stato
2) Per legge(ebrei)
3) Per decreto con procedimento ordinario o abbreviato
4) Per forza di trattati internazionali(raro)
Procedura
Il riconoscimento è conferito da decreto del ministro dell’interno previo parere eventuale del consiglio di stato(dopo uno scambio di note diplomatiche tra stato e chiesa).
Gli enti delle confessioni munite d’intesa dopo la legge Bassanini utilizzano questo sistema(anteriormente dpr).
Gli enti delle confessioni senza intesa utilizzano il sistema del dpr su proposta del ministro dell’interno udito il consiglio dei ministri(non più il consiglio di stato).

Requisiti per il riconoscimento
1) Sede in Italia
2) Collegamento organico dell’ente con la confessione
3) Fine di religione o di culto
4) Costituzione o approvazione dalla competente autorità confessionale
L’accertamento del fine di religione o di culto è fatto di volta in volta(tranne quando è presunto).
La verifica del carattere costitutivo ed essenziale del suddetto fine è svolta con riferimento alle attività. Sono attività di religione o culto quelle dirette all’esercizio del culto ed alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all’educazione cristiana, e attività diverse(art. 16 lett. B), quelle di assistenza, beneficenza, istruzione, educazione e cultura e, in ogni caso, le attività commerciali o a scopo di lucro strumentali rispetto alle finalità istituzionali dell’ente. Deve esserci in relazione alle altre attività un bilancio regolare della contabilità ed appositi organismi di controllo.
Quando l’ente persegue diversi fini la P.A. procede secondo il principio di prevalenza e gli enti ecclesiastici in sede di accertamento devono produrre gli elementi occorrenti quali risultino dalla documentazione di regola rilasciata dall’autorità ecclesiastica, mentre resta esclusa la richiesta di requisiti ulteriori o di documenti non attinenti ai requisiti medesimi.
Con il riconoscimento l’ente confessionale assume la qualifica di ente ecclesiastico civilmente riconosciuto.

Natura dell’ente
Si esclude che la qualifica di ente ecclesiastico civilmente riconosciuto conferisca il carattere della pubblicità. Gli enti delle confessioni religiose di minoranza, in quanto sottoposti a tutela e vigilanza governativa prevista dalla legislazione restrittiva del1929/1930(non più in vigore per chi ha stipulato le intese) sono per questo assimilabili agli enti pubblici.

Autonomia organizzativa e gestionale
L’accordo del 1984 prevede che l’amministrazione dei beni appartenenti agli enti ecclesiastici è soggetta ai controlli previsti dall’ordinamento canonico, che acquistano dunque rilevanza civile. Sono inoltre venuti meno i controlli dello stato sugli acquisti e sugli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione di tali enti.
Per tutelare l’affidamento dei terzi che si trovino a negoziare con l’ente l’art. 5 della l.n.222/1985 ha introdotto l’obbligo di trascrizione nel registro delle persone giuridiche, dal quale devono risultare le norme di funzionamento e i poteri degli organi di rappresentanza dell’ente.
La parificazione degli enti ecclesiastici alle persone giuridiche private ha carattere innovativo: l’invalidità o l’inefficacia di negozi giuridici posti in essere da enti ecclesiastici non è opponibile ai terzi che non fossero a conoscenza delle limitazioni dei poteri di rappresentanza o dell’omissione di controlli canonici che non risultino dal codice di diritto canonico o dal registro delle persone giuridiche. Tali regole sono riprodotte con poche varianti nelle intese con le confessioni religiose diverse dalla cattolica.
Anche gli enti ecclesiastici riconosciuti prima della riforma concordataria hanno l’obbligo di iscriversi nel registro delle persone giuridiche; qualora l’iscrizione non venga richiesta nei termini prescritti tali enti potranno concludere negozi giuridici solo previa iscrizione. Nonostante i vari dubbi, in ogni caso la mancata iscrizione ha come conseguenza l’inopponibilità ai terzi, che non ne fossero a conoscenza, delle limitazioni dei poteri di rappresentanza o dell’omissione di controlli canonici che non risultino dal registro delle persone giuridiche e/o dal codice di diritto canonico.

Mutamento del fine e revoca
Ogni mutamento sostanziale nel fine, nella destinazione dei beni e nel modo di esistenza acquista efficacia civile mediante riconoscimento con decreto del ministro dell’Interno, soggetto ad iscrizione nel registro delle persone giuridiche(vanno elencati i motivi del mutamento).
Si può avere invece la revoca(con decreto del ministro dell’interno soggetto ad iscrizione, ma deve essere sentita l’autorità ecclesiastica) del riconoscimento civile per autonomo provvedimento dell’autorità governativa, quando l’ente perda uno dei requisiti prescritti per il riconoscimento stesso.
In caso di provvedimento di estinzione o soppressione dell’ente da parte dell’autorità ecclesiastica, questo è trasmesso al ministro dell’interno, che ne dispone l’iscrizione mediante proprio decreto, affinché consegua efficacia civile e procede alla devoluzione dei beni dell’ente estinto o soppresso secondo quanto prescrive il provvedimento dell’autorità ecclesiastica, fatti salvi la volontà dei deponenti, i diritti di terzi e le eventuali disposizioni statutarie(art.20).

Regime tributario
Fin dagli anni 30 c’è stato un regime fiscale agevolato per gli enti confessionali mediante l’equiparazione del fine di religione e di culto ai fini di beneficenza e istruzione. Dopo il 1970 tali enti sono rientrati nella categoria degli enti non commerciali e di recente in quella “no profit”. Ma l’ente ecclesiastico ottiene i benefici solo in merito alle attività di religione e di culto, non per le altre. Ecco i benefici:
1) Riduzione del 50% dell’Ires(se civilmente riconosciuti) N.B. Scientology è controverso
2) esclusione dall’Iva, salvo pubblicazioni commerciali vendute “all’esterno”
3) Esenzione degli edifici di culto(salvo locazione) degli enti riconosciuti(anche gli ebrei) dall’Invim. Vale anche per gli edificidegli enti non commerciali quando destinati all’esercizio delle attività istituzionali. Se la destinazione è solo parziale si ha una riduzione d’imposta al 50%.
4) Esenzione dall’imposta di donazione per gli enti con fine di religione e di culto
5) Agevolazioni sulle pubbliche affissioni per gli enti con fine di religione e di culto
6) Gli immobili di enti non commerciali(quali quelli ecclesiastici) sono esenti dall’Ici se destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, provvidenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, oltre che di religione e di culto a prescindere dall’eventuale natura commerciale di essi. La nuova disciplina però dispone che gli enti non commerciali che svolgono attività oggettivamente commerciali sono sottoposte ad Ici.

Onlus. Vedi p.162-164

Finanziamento delle confessioni religiose
Fino al 1984 il sostentamento della Chiesa Cattolica era basato sul sistema beneficale: i benefici, persone giuridiche dotate di un patrimonio(parrocchiali e diocesani amministrati rispettivamente da parroci e vescovi. Determinato un livello minimo di sostentamento per ogni beneficio, lo stato attraverso il Fondo per il culto contribuiva a far raggiungere ad ognuno di questi la soglia minima.
Le altre confessioni non erano finanziate tranne la tavola valdese, che però non ha mai incassato l’assegno.
Dopo il codex iuris canonici del 1983, l’Accordo del 1984 stabilì la costituzione di una commissione paritetica per la formulazione delle norme disciplinanti la materia degli enti e all’intervento dello stato nel sostentamento di tali enti. Il frutto di questo lavoro è la l. n. 222/1985 .
La nuova disciplina prevede due tipi di finanziamento alla Chiesa cattolica(e leggermente diverso alle confessioni che hanno stipulato intese):1)pubblico;2)privato.
Il primo meccanismo(art.47,2 l. n. 222/1985) si può considerare un vero e proprio finanziamento diretto: una quota pari all’otto per mille dell’irpef, liquidata dagli uffici sulla base della scelta dei contribuenti, in parte a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario e diretta gestione statale e, in parte ,a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa Cattolica.
Il soggetto destinatario delle quote di competenza della Chiesa cattolica, utilizzate per fini di culto, sostentamento del clero ed interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo è la CEI che deve trasmettere ogni anno al ministero dell’interno un rendiconto l’effettiva utilizzazione delle somme ricevute , deve pubblicarlo sul suo organo ufficiale, e deve diffondere un’adeguata informazione sul contenuto di tale rendiconto e sugli scopi ai quali ha destinato le somme.
La quota dell’8 per mille di competenza statale è destinato alle calamità naturali and so on distribuendole in base al d.p.r. n.76/1998.
La ripartizione tra la Chiesa cattolica e i culti con intesa avviene tramite le scelte nominali dei contribuenti(si divide il gettito totale dell’irpef;no proporzionale al reddito). Per le scelte non espresse si divide proporzionalmente alle scelte espresse. Ecco come si comportano i culti:
1) La tavola valdese destina la sua quota a fini di culto, istruzione e beneficenza e non partecipa per propria volontà alla ripartizione della quota delle scelte non espresse.
2) Le chiese cristiane avventiste del 7mo giorno destinano la quota ad interventi sociali, assistenziali, umanitari e culturali in Italia ed all’estero.
3) Le assemblee di Dio in Italia destinano la quota ad interventi sociali e umanitari anche del terzo mondo e non si pigliano la quota non espressa.
4) L’unione delle comunità ebraiche utilizza le somme per i propri fini istituzionali, per la salvaguardia del proprio patrimonio artistico/culturale nonché ad interventi sociali ed umanitari(specie contro il razzismo).
5) La chiesa evangelica luterana riserva le somme per il sostentamento dei ministri di culto e per interventi sociali, culturali, assistenziali in Italia ed all’estero.
6) L’Unione cristiana evangelica battista d’italia non partecipa al riparto nonostante abbia stipulato un’intesa.

Deducibilità fiscale delle erogazioni liberali
Il secondo tipo di finanziamento si realizza attraverso erogazioni liberali in denaro di persone fisiche a favore di confessioni, che possono essere dedotte dall’irpef fino a 1032euro. Si può dedurre anche fino al 2% del reddito d’impresa. Ricorda che fino al 1996 gli ebrei deducevano il 10% fino ad un massimo di 7,5 milioni di lire, poi uguale agli altri.

Altre forme di finanziamento pubblico:
1) Buoni scuola(previsti da leggi regionali).
2) Contributi a favore degli oratori parrocchiali(fondamento legge quadro n. 328/2000,poi leggi regionali).
3) Fond.E.R.(Fondo paritetico interprofessionale nazionale per la formazione continua negli istituti religiosi e nelle imprese di ispirazione religiosa).

Sistema di sostentamento del clero
Dopo la legge 222/1985 i patrimoni dei benefici estinti sono confluiti in enti appositamente creati: gli Istituti interdiocesani per il sostentamento del clero(IDSC), coordinati dall’istituto centrale per il sostentamento del clero(ICSC), eretti in enti ecclesiastici civilmente riconosciuti con decreti del ministero dell’interno.
Gli ISDC hanno la funzione di distribuire all’interno della diocesi, in misura predeterminata dalla CEI un congruo e dignitoso sostentamento al clero che svolge servizio all’interno delle diocesi.
L’ICSC, come ogni IDSC dotato di consiglio di amministrazione( che nelle diocesi è formato per un terzo da rappresentanti del clero diocesano su base elettiva), ha la funzione di coordinare ed integrare le risorse degli IDSC attraverso la distribuzione delle entrate costituite dalle erogazioni liberali di denaro effettuate dai fedeli e dalla quota dell’8x1000 destinata dallo stato alla CEI.
Laddove non riesce il singolo IDSC ci pensa l’ICSC, ma alla chiusura dell’anno finanziario il singolo IDSC è tenuto a presentare all’ICSC una relazione consultiva.
La Cassazione ha stabilito la natura di vero e proprio diritto soggettivo della remunerazione del sacerdote che potrà, per ottenere quanto gli spetta(un congruo e dignitoso sostentamento) adire 2 vie (giudice ecclesiastico o giudice italiano) non essendo stata espressamente prevista in materia una riserva di giurisdizione in favore della chiesa. Le altre confessioni sono autonome in materia.

Previdenza dei ministri di culto
La legge 903/1973 disciplina il Fondo di previdenza del clero e dei ministri di culto delle confessioni religiose diverse dalla cattolica, che concede pensione ai vecchi e reversibilità ai superstiti, finanziato in parte dagli iscritti, in parte dallo stato.
Sono soggetti all’obbligo di iscrizione al fondo tutti i ministri di culto e laddove non v’è l’intesa, se ne costituisce una ad hoc in materia (anche per i culti senza intesa; c.d Piccole intese)dal ministero dell’interno.
Nel 1999 è stato istituito l’obbligo di iscrizione anche per i ministri di culto non cittadini italiani, ma esercitanti in Italia in modo da ottenere il duplice scopo di sostentare sia loro che i corrispondenti ministri di culto italiani all’estero.
I preti possono dare il via a forme pensionistiche compleementari.(C’è anche una quota per gli spretati).

Da 175 a 186 vedi libro
Diritto penale in materia ecclesiastica
Tutela del sentimento religioso nel codice Rocco
La disciplina di tale codice in materia di punizione dei delitti contro il sentimento religioso(artt. 402-406) e della contravvenzione di bestemmia è stata modificata da alcune pronunce della corte cost. ed è stata novellata prima dal d.gls. 507/1999 e poi dalla l. n. 85/2006.
Il codice Rocco, attuante il modello confessionista, assumeva a bene giuridico protetto la religione cattolica quale religione di stato(chiesa vista come elemento di unità morale della nazione).
In tale ottica si puniva al 402 il vilipendio della religione di stato, al 403 le offese alla religione di stato mediante il vilipendio di persone e di cose al 404, al 405 il turbamento di funzioni religiose del culto cattolico. L’art. 406 stabiliva la punizione di tali delitti, escluso il vilipendio, anche per le offese ai culti ammessi nello stato (ma con pena diminuita).
L’elemento oggettivo del reato era costituito dalle espressioni di scherno, dileggio, disprezzo per mezzo della parola, dello scritto o di disegni rivolte contro le credenze fondamentali, i dogmi, i sacramenti, i riti della religione(402); ovvero rivolte contro persone fisiche determinate che professano la religione(403);contro cose oggetto di culto(404); nell’impedire o turbare l’esercizio delle funzioni, delle cerimonie e le pratiche religiose(405) .
L’elemento soggettivo del reato era limitato per costante giurisprudenza al dolo generico(volontà e coscienza delle condotte assunte).
Era punita anche la bestemmia in pubblico(art.724,1).
L’entrata in vigore della Costituzione ha posto numerosi problemi di incompatibilità di tali articoli con i principi di uguaglianza, pari dignità sociale dei cittadini senza distinzione di religione, uguale libertà di ogni religione, la libertà di ogni religione e la propaganda e la manifestazione del pensiero.
La corte cost. è intervenuta inizialmente con alcune sentenze interpretative di rigetto che hanno negato l’incostituzionalità dell’una o dell’altra norma dopo averne ridefinito l’oggetto della tutela, individuato nel sentimento religioso inteso non più quale interesse dello stato, bensì come interesse del singolo e della collettività(125/1957); contestualmente tali sentenze hanno specificato che la diversità di tutela e di trattamento sanzionatorio potesse ritenersi giustificato in base ai criteri quantitativo (57/1957; 79/1958) e sociologico (14/1973).
La corte ha però al contempo rivolto numerosi appelli al legislatore affinché modificasse la disciplina per una migliore tutela della libertà religiosa, parificando la condizione di tutte le confessioni religiose.
Anche il giudice di legittimità ha ridefinito l’oggetto della tutela stabilendo che l’art,724 si preoccupa di proteggere il buon costume e fa oggetto della sua previsione il dato sociologico che le bestemmie italiane sono rivolte esclusivamente alla religione cattolica.
La corte cost. ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art.724 limitatamente alle parole”i simboli o le persone venerate nella religione dello stato (440/1995) e dell’art. 404,1 nella parte in cui prevede la pena di reclusione da uno a tre anni anziché la pena diminuita prevista dall’art.406. Infine la stessa corte ha dichiarato l’incostituzionalità degli artt.402-403-405 ed ha ridisegnato la disciplina dei reati contro il sentimento religioso alla luce del principio supremo di laicità dello stato(327/1989).

Depenalizzazione dei reati minori
La bestemmia è diventata da contravvenzione ad illecito amministrativo(1999) e parimenti l’indossare abusivamente in pubblico un abito ecclesiastico, deturpare disegni o scritti fatti affiggere dalle autorità ecclesiastiche.

Riforma dei reati di vilipendio
Con la legge 85/2006 sono stati riscritti gli artt.403(multa per le offese a una confessione religiosa mediante il vilipendio di persone) e 404(…o cose; sono punite con la reclusione le offese ad una confessione religiosa mediante il danneggiamento di cose), è stata modificata la lettera del 405(…e il turbamento di funzioni religiose del culto di una confessione religiosa), non è stato più riprodotto il 402, è stato abrogato il 406, e la rubrica del capo è stata sostituita con quella”dei delitti contro le confessioni religiose”(e non più il sentimento religioso).
La novella si è ispirata al principio della piena parificazione delle confessioni religiose quanto alla tutela penale.
Sorgono problemi in riferimento all’art.403 laddove non è previsto il requisito della pubblicità e dovranno essere definiti i confini della norma dalla giurisprudenza; inoltre sorgono problemi in merito al principio costituzionale di determinatezza della fattispecie criminosa. Ulteriori problemi vengono dalla mancata qualificazione della volontà e consapevolezza di offesa(stavolta anche per il 404 col crocifisso).

Libertà religiosa e cause di giustificazione
L’esercizio di un diritto, tra cui appunto quelli connessi alla libertà religiosa, può costituire una causa di giustificazione. La cassazione ha di recente stabilito che l’esigenza di praticare un culto o farne opera di proselitismo può costituire una causa di giustificazione salvo sussistano gli estremi di illecito penale(caso ayauahsca). In un'altra occasione ha però assolto dal reato di favoreggiamento personale il prete andato a celebrare la messa nel rifugio del latitante.
La Corte cost. ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità relative al rifiuto di prestare giuramento per motivi di religione di uffici legalmente dovuti, poiché l’eventuale pronuncia additiva richiesta avrebbe potuto comportare variazioni della normativa in vigore che erano strettamente dipendenti da una pluralità di scelte discrezionali individuabili dal solo legislatore.
Il rifiuto di ufficio per motivi di religione è possibile(caso del crocifisso in aula elettorale).

Circostanze aggravanti ed attenuanti
L’art. 61 stabilisce che costituiscono aggravanti comuni l’aver commesso il fatto sia con l’abuso di poteri o con violazione di doveri inerenti alla qualità di ministro o di un culto, sia contro una persona rivestita della qualità di ministro del culto cattolico o di un culto ammesso.
Secondo l’art. 62 è un’attenuante l’aver agito per motivi di particolare valore morale.

Responsabilità amministrativa degli enti ecclesiastici
Il d.lgs. 231/2001, delegato dalla l.300/2000 fissa i confini soggettivi della disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche,delle società, delle associazioni anche prive di personalità giuridica, stabilendo che restano fuori dalla sua sfera lo stato, gli enti pubblici territoriali, gli altri enti pubblici non economici, nonché gli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale. Dunque gli enti ecclesiastici rientrano o no in quei confini?
Si devono escludere gli enti non a carattere associativo(chiese e fondazioni di culto) e gli enti collegati alle confessioni religiosi qualificati come “pubblici non economici”.
Per il resto ci sono dubbi, ma di certo c’è che la chiesa svolge funzioni di interesse costituzionale, il legislatore non voleva indirizzare verso di loro la norma penale e soprattutto fa strano che venga nominato un commissario giudiziale in sostituzione di una sanzione interdittiva.

Segreto dei ministri di culto p.195-199
Testimonianza dei ministri di culto
E’ conferito loro il diritto di astenersi per i fatti conosciuti a cagione del loro ministero(quindi va convocato rammentandogli la possibilità di astensione).

Comunicazione dei procedimenti penali a carico di ecclesiastici
Stabilita dal protocollo addizionale del 1984 è stata ampliata nel 1989 anche per i religiosi ed individuando l’autorità competente a ricevere l’informazione nella diocesi dell’imputato.
Non costituisce una condizione di procedibilità e vale solo per la cattolica.

Discriminazione per motivi religiosi e l’estradizione

Art.3 legge 254/1975
1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, anche ai fini dell'attuazione della disposizione dell'articolo 4 della convenzione, è punito:
a) con la reclusione sino a tre anni chi diffonde in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, ovvero incita a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi;
b) con la reclusione da sei mesi a quattro anni chi, in qualsiasi modo, incita a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi;
3.2
3. 3. E' vietata ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Chi partecipa a tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi, o presta assistenza alla loro attività, è punito, per il solo fatto della partecipazione o dell'assistenza, con la reclusione da sei mesi a quattro anni. Coloro che promuovono o dirigono tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da uno a sei anni (1) (2).

Nessun commento: